Il Trentodoc

In questa tappa del nostro viaggio nel mondo enologico trentino ci apprestiamo a conoscere Sua Maestà il  Trentodoc metodo classico

Ad aiutarci nella scoperta dello Spumante di montagna, sarà l’esperienza e la competenza di Enrico Cattani, enologo e responsabile dell’Enoteca Provinciale del Trentino di Palazzo Roccabruna – cciaa di Trento

Per iniziare, occorre fornire qualche nozione di base sul mondo degli spumanti per i neofiti dell’enologia:
gli spumanti si differenziano dai vini, cosiddetti tranquilli, per la presenza di anidride carbonica – CO2  disciolta, le celeberrime bollicine che salgono a catenella; a loro volta gli spumanti si suddividono in due macro categorie, quelli ottenuti con Metodo Classico e quelli ottenuti con Metodo Martinotti o Charmat.
Salvo alcuni casi tutti gli spumanti hanno due processi di fermentazione, la prima avviene, come per tutti i vini, con la trasformazione dell’uva in vino; mentre la seconda (detta rifermentazione o presa di spuma) avviene in ambiente chiuso. E’ questa specifica operazione che ci permetterà di apprezzare le bollicine alla stappatura della bottiglia. Secondo il metodo classico la presa di spuma avviene già in bottiglia, mentre secondo il metodo charmat avviene in autoclave e solo successivamente viene effettuata l’operazione di imbottigliamento.

Consequenzialmente il metodo classico è un metodo che richiede molto più tempo e una notevole complessità di procedimenti per arrivare però ad un prodotto finale più fine ed elegante, e questo ne giustifica anche il prezzo. Il dott. Cattani ci illustra, in breve e con parole estremamente semplici, comprensibili anche ai non esperti, i passaggi salienti della produzione: “il vino base è costituito da uve Chardonnay, Pinot nero, Pinot bianco o Pinot menieur in purezza o in percentuale. Dopo l’imbottigliamento (in spumantistica chiamato “tiraggio”) si attende che l’opera di lieviti e zuccheri compia la magia della “presa di spuma”. Il successivo tempo di permanenza dei lieviti in bottiglia decreterà la tipologia di Trentodoc che si vuole ottenere: sarà BIANCO –  così lo definisce il disciplinare di produzione – ma viene chiamato genericamente “base” (e impropriamente) “brut”- se il periodo di maturazione è di almeno 15 mesi, se almeno di 24 mesi sarà un MILLESIMATO, mentre se è di almeno 36 mesi sarà una RISERVA. In questi due ultimi casi verrà riportato l’anno di vendemmia (il millesimo).
A questo punto avviene l’inclinazione della bottiglia con il tappo verso il basso grazie a dei cavalletti appositi chiamati “pupitres”. Inizia, poi, il quotidiano lavoro del personale di cantina che si occupa di ruotare le bottiglie in modo che i lieviti si depositino sul fondo verso il tappo della bottiglia. Questa operazione di rotazione viene richiamata anche graficamente dal logo del Trentodoc.
Si procede, quindi, con l’eliminazione dei lieviti (che hanno svolto il loro compito) congelando il collo della bottiglia, ovvero il tratto dove si sono depositati. Il cantiniere, provvede poi all’operazione detta sboccatura ovvero viene tolto il tappo (che è un tappo corona, non ancora il classico tappo di sughero a forma di fungo) e per effetto della pressione fuoriesce il residuo congelato in precedenza.
Bisogna però sopperire alla perdita di prodotto causata dalla sboccatura e quindi ogni produttore, con ricette a volte top secret, provvede a rabboccare la bottiglia con quello che viene denominato liqueur d’expédition “continua l’enologo dell’Enoteca Provinciale” la maggior parte delle cantine utilizza vino bianco passato in legno, della stessa annata del vino base spumantizzato (soprattutto nelle riserve). La legge consente anche l’aggiunta, in piccole quantità di distillati o passiti purchè ottenuti dall’ uva o derivati della stessa.  Ma direi che ciò costituisce un’eccezione e avviene in rarissimi casi. In questa fase può essere aggiunto, nella liqueur, anche dello zucchero in modo da rendere il Trentodoc da poco secco a molto dolce. Interessanti sono le dizioni che la legge riserva proprio in funzione di questo aspetto:
si parte con il “dosaggio zero, nature, o brut natur” vale a dire nessuna aggiunta di zucchero, “all’extra brut e brut”- poca aggiunta di zucchero. Il brut è in assoluto il più consumato perché rappresenta un perfetto equilibrio tra rotondità e sapidità. Per questo aspetto relativo alla presenza/assenza di zucchero, Il termine “brut” non è riferito solo alle versioni base, ma è trasversale e si usa anche per i millesimati, riserve, monovarietali o cuvée.
Non è quindi insolito trovare le dicitura “brut riserva” , infatti il termine brut in questo caso indicherà la presenza di “poco” zucchero mentre il termine riserva è riferito al periodo di maturazione sui lieviti.
Vi sono poi le dizioni “extra dry”, “dry”, “demisec” e “dolce” che indicano una crescente quantità di zucchero rispetto al brut.” conclude Cattani.

Lo spumante Trentodoc è assolutamente versatile nei momenti di consumo e idoneo ad accompagnare moltissime pietanze. L’importante però è scegliere la giusta tipologia di Trentodoc, come ci spiega Enrico Cattani: “In Italia lo spumante è per antonomasia il vino delle grandi occasioni, e forma un connubio indissolubile con il momento celebrativo di una ricorrenza o di una festività: il brindisi. Negli ultimi anni trova impiego, però, anche durante il rito dell’aperitivo e, come già da molti anni accade all’estero, nel tutto pasto. La Sommelleria, che è la scuola professionale più qualificata per consigliare ed effettuare abbinamenti cibo-vino e, perché no, vino-cibo, consiglia una versione brut, disinvolta e più immediata per l’aperitivo.
Per piatti più sostanziosi come i primi o i secondi, è meglio scegliere una riserva proprio per la sua maggiore struttura e intensità aromatica. Anche il Trentodoc nel tempo è cambiato, ha saputo contraddistinguersi, possiamo definirlo tranquillamente un metodo classico di montagna, dove la caratteristica organolettica più saliente è la “verticalità”. Si usa questo termine proprio per indicare un’estrema delicatezza di profumi al primo impatto ed un’eleganza al gusto che si svela a poco a poco durante la beva, rivelando tutta la sua forza, caratteristica necessaria per grandi abbinamenti.
Un Trentodoc di altura ottenuto da uve chardonnay e pinot nero coltivate tra i 400 ai 700 m, soprattutto in versione dosaggio zero rappresenta probabilmente un trentodoc “moderno” e “attuale”!
Con piatti di pesce, come ad esempio una trota salmonata o il salmone, soprattutto come antipasto, la regola della sommelleria è chiara: Trentodoc  rosè, anche per l’aspetto cromatico.
Infine per il dessert tassativamente “dolce con dolce ” quindi  Trentodoc  “extra dry”, “dry”, “demisec” o “dolce”.

Chiediamo, poi:
Quale bicchiere scegliere per servire il  Trentodoc ?
Cattani: “Anche la scelta del bicchiere è oggetto di cambiamento ed evoluzione. In passato la regola era quella di prediligere la coppa per  il dolce mentre la flute per il brut. La coppa, infatti, istintivamente legata alle tavole delle feste di un tempo lontano, ha una larghezza più ampia e permette di cogliere anche i profumi più delicati. La flute invece alta e con l’imboccatura più stretta evidenzia il perlage, le catenelle di bollicine che come una collana di perle danno al metodo classico un fascino del tutto particolare.
Del perlage si valuta soprattutto  la dimensione delle bollicine e la persistenza delle catenelle; più piccole e più durature sono e meglio è:  è indice di un buon lavoro di cantina.
Ultimamente, nell’ottica di semplificazione e trasversalità si utilizzano bicchieri che si prestano all’assaggio di varie tipologie di vini e quindi anche la flute tende ad essere sostituita con un calice simile al tulipano chiuso: stelo sempre lungo, base ampia (indipendentemente dall’innesto stelo-calice)  che poi  tende a chiudersi verso l’alto .”

“Dottor Cattani, qual è la temperatura ideale per apprezzare  il Trentodoc ?”
Cattani :“Come per l’abbinamento, la giusta temperatura di servizio è più materia da sommelier, ed in generale si può affermare che per il brut e il dolce è meglio una temperatura fra i 5 e i 7 gradi, mentre per le riserve, le grandi riserve e i rosati a prevalenza pinot nero e di solito millesimati, invece è consigliabile una temperatura fra gli 8/9 gradi perché così possiamo cogliere quello che enologi e sommelier chiamano “evoluzione”. Con il termine “evoluzione” intendiamo tutti  quei profumi e quegli aromi che si sviluppano nel tempo. Nella spumantistica classica l’evoluzione può dipendere dalle uve, dai lieviti, dalla fermentazione, dal contatto vino – legno, dalla liqueur d’expédition, da molti altri fattori enologici, ma soprattutto dal vero fattore  che contraddistingue il metodo classico: la permanenza in bottiglia a contatto con i lieviti in assenza di ossigeno !
Oggi comunque ogni azienda consiglia  la temperatura ideale di servizio.

Infine chiediamo all’enologo Cattani di soddisfare una curiosità: sono 48 i produttori autorizzati dal disciplinare a produrre Trentodoc. “Quali sono le caratteristiche che differenziano un produttore da un altro?”

Cattani risponde: “Premesso che tutta la filiera, produzione uve – elaborazione prodotto deve essere fatta in Trentino, la diversità  fra le case spumantistiche è costituita dalle dimensioni aziendali. Ferrari è leader nella produzione del Trentodoc con più della metà del totale delle bottiglie prodotte. Poi ci sono le cantine di medie dimensioni e le microrealtà dei piccoli vignaioli: sono forze diverse ma complementari e oggi indispensabili! Altra distinzione che si può fare è fra le cantine che producono solo Trentodoc e cantine che  hanno affiancato la produzione di Trentodoc ad una più consolidata produzione di vini tranquilli. Solitamente chi produce non esclusivamente Trentodoc, soprattutto se di piccole dimensioni, ha una gamma di Trentodoc più ristretta, perché utilizza come vino base le proprie uve,  mentre le cantine specializzate o quelle molto strutturate solitamene hanno la possibilità di lavorare con una maggiore gamma di uve (solitamente, non possiedono vigneti di proprietà e le uve vengono acquistate).

Trentodoc insomma è un sistema importante dove la montagna diventa un “fattore qualitativo” e bene prezioso da difendere, valorizzare e soprattutto apprezzare, anche a Palazzo Roccabruna – enoteca provinciale del Trentino .

Ringraziamo l’enologo Cattani per la disponibilità e la semplicità delle spiegazioni.

LE 49 CASE SPUMANTISTICHE TRENTODOC:
ABATE NERO / ACCADEMIA DEL VINO CADELAGHET / AGRARIA RIVA DEL GARDA / ALTEMASI / BALTER / BELLAVEDER / BORGO DEI POSSERI / CANTINA ALDENO / CANTINA D’ISERA / CANTINA MORI COLLI ZUGNA / CANTINA ROMANESE / CANTINA ROTALIANA DI MEZZOLOMBARDO / CANTINA ROVERÉ DELLA LUNA AICHHOLZ / CANTINA SOCIALE DI TRENTO / CANTINA TOBLINO / CANTINE FERRARI / CANTINE MONFORT / CEMBRA CANTINA DI MONTAGNA / CESARINI SFORZA SPUMANTI / CONCILIO / CONTI BOSSI FEDRIGOTTI / CONTI WALLENBURG / DE TARCZAL / ENDRIZZI / ETYSSA / FONDAZIONE EDMUND MACH / GAIERHOF / LETRARI / MADONNA DELLE VITTORIE / MARCO TONINI / MAS DEI CHINI / MASO MARTIS / MASO NERO / MASO POLI / METIUS / MOSER / OPERA VITIVINICOLA IN VALDICEMBRA / PEDROTTI SPUMANTI / PISONI F.LLI / PRAVIS / REVÌ / ROTARI / SAN MICHAEL / SIMONCELLI ARMANDO / TENUTA MASO CORNO / VITICOLTORI IN AVIO / VIVALLIS / ZANOTELLI ELIO & F.LLI / ZENI GIORGIO

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